mercoledì, maggio 31, 2006

ologrammi (1)


Dave McKean


H: "sei la donna della mia vita"
S: "tu non ce l'hai una vita"

lunedì, maggio 29, 2006

afasia

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non capisco, sarà perché è lunedì, sarà che lo xanax bevuto come aperitivo avrà le sue controindicazioni, oppure saranno i “quaranta” alle porte e quella shtrana sensazione di incnoshistnsa ma, no è che io no riesche a pallae, è popo che scetti gionni e paole nu escoo de mia capoccia, come se drento ci fose quacosa che no funsiona. È stano pecchè io nu me drogo, nu bevo e puttoppo nemmeo scopo, eppure mia boca nu se move, pero scento ua vosce dento de me che me disce : “ma che cazzo stai dicendo?”

giovedì, maggio 25, 2006

performance

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Lucien Freud "Reflection"

“perché fa questo?” “cristo santo, non si capisce?...” non è ancora perfetto. Manca qualcosa, Sapete, il processo creativo distorce il raziocinio come un vestito stretto, come il vomito il piloro. Comanda lui. Ecco, l’arte è un conato. Ma non ci siamo ancora. Manca del grasso di balena e costole nuove per contenere un ventre senza coscienza. Caccio in gola quello che posso, con forza fino agli avambracci. Non mi faccio ancora abbastanza schifo, credevo di avere ancora del disprezzo nella credenza, ma non lo trovo. Mezza busta di pinoli in fondo a un cassetto, giù anche quella, con un po di latte scaduto. Le variazioni senza diteggiatura mi costringono all’angolo più scuro, quello delle rimozioni forzate. Ancora un po, è quasi perfetto, se avessi delle spatole nuove aggiungerei strati di farina e acqua da far scivolare tra le dita, colare su quelle che una volta Camilla chiamava gambe. Rado un tizio allo specchio da un po, imita le mie mosse, tira la pelle da un lato e ride di gola. Non mi somiglia abbastanza, non ancora. Il sacco di ossa a mollo in cento litri d’acqua accenna un doppio passo, fa male tutto, giunture, caviglie denti, sesso, e i polsi cedono al peso dei pennelli di martora senza ragione. Bussano, è il corvo. “è pronto?, sa il committente ha dato un cospicuo anticipo, vorrebbe almeno vedere qualcosa..” “qualche ora ancora, anche una sola mi basterebbe…” si siede ed aspetta. Il problema non è terminare un opera, ma sapere quando fermarsi. Mi cucio due strisce di pelle sopra le scapole e devo riuscire a fare qualcosa per le lacrime. Ingoio anche quelle, insieme a tutto il resto, spingendole bene in fondo con la lingua. Manca la firma. Incido una x sullo sterno. E’ finita, adesso lo riconosco. Io.
“è perfetto, il committente sarà soddisfatto. Prego, vuole seguirci ora?” “si, sono pronto, giusto il tempo di chiudere”.

mercoledì, maggio 17, 2006

sale (minimalismo colposo)

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la mareggiata da sud est di ieri notte ha lasciato
sale marino agli angoli della bocca, una via lattea sulle mie braccia
ed un laccio emostatico sul comodino.
faccio un uso anomalo del limone da un po

ed aspro, non è il suono giusto.
c’è un fiore rosso sul cuscino di Marta.

proprio dietro l’orecchio.

martedì, maggio 16, 2006

memento

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ma non mi avevi detto qualcosa ieri?
li sulla poltrona rossa.
una cosa rotonda, poche lettere.
no.
non era così.
non eri tu.
bussano.

tu.
doveva arrivare qualcuno mi pare.
la data di oggi è sbagliata.
hai gli occhi di ieri.
le stesse ferite.
ci conosciamo?

domenica, maggio 07, 2006

l'importanza di chiamarsi basilisco

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Ha convenzioni da polso e una faccia buona per la festa. Sorrisi da paste fresche, un passo da domenica dentro scarpe da anniversario. Il naso è da tartufo, almeno nelle intenzioni. Mani da peso medio, piedi da piazzista, mezzelune sulle unghie per guadagnarsi la notte e graffi da incesto. I pensieri sciolti nella brillantina linetti, ginocchia buone per le indulgenze e una lingua da confessione. Acqua di colonia, incenso e una sfumatura alta sul collo. Una stampella all’occhiello da ricorrenza, incornicia la faccia da matrimonio nello spioncino. La sposa promessa non apre, inginocchiata per noia, su un osso di cane. Parla basso, come da contratto, con un timbro da porta a porta, da venditore di enciclopedie. Ha l’anima stretta nelle spalle, tra due mantici rosso vermiglio ed un cuore che batte al contrario. Lascia strappi di tosse rubino nel fazzoletto di cotone. In tasca ha un amore finito per decorrenza dei termini, con i bordi mangiati. Agli amici con la testa da barbagianni, sibila tra gli incisivi che i ricordi vanno traditi sempre, per vendetta. Mostra fiero marchi di bocche sul collo bianco. Le dita sono per i datteri e i fichi d’india, i baffi per le bugie. Vaniglia, buccia d’arancia, due gocce di rosolio dietro le orecchie prima di andare a dormire.

martedì, maggio 02, 2006

a domani (piccoli elementi di disturbo)

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(a grande richiesta, questo pezzo è costeallato di virgole messe a cazzo di cane e di cotone nella bocca)

le notti su un fianco, fare spazio a domani, leggere in bagno, con una mano sola, le calze corte, le dita nel naso, un nuovo sapore, la casa dal tetto basso, le scatole da disfare, i ricordi col nastro isolante, un cambio di passo, quel nodo alla gola, una mattina che brucia, rompere il fiato per vivere, i giudizi addosso, acqua che non lava, la morte nella stanza accanto, io seduto in cucina, i pensieri sottovoce, l’omertà che bisbiglia, i fiori marci, quella cosa che batte e ti sporca le mani, le guance rosse, la luce dalla stanza accanto, io sotto il letto, contare sul naso, liberi tutti, Camilla con il vestito bianco, la polvere, i figli che non avrò, la vita con una pietra al collo, i segni sulla gola, mio padre portato via dall’amianto, senza un saluto, con una scusa, io nell’armadio, nesuno mi trova, non inghiottire, le mani stanche, venire, piangere di me, ridere comunque, ripensare un respiro, ingoiare la pioggia, a piedi nudi, a domani.