lunedì, febbraio 26, 2007

rocket man


Red nose studio

Cambio la lampadina a un pianeta già spento, che possiate vederlo anche voi, che il mondo da quassù sembra una casa galleggiante nel freddo”.

Io sono l'uomo razzo, le stelle, le guardo da vicino, dentro una tuta di carta stagnola. Ho un reattore da un bilione di neutroni sulle scapole curve, appena sotto i lividi, insegnerò a voialtri come si vola via con un fustino di detersivo, bretelle, e la paura del buio. Partire è stato facile, perché io sono l'uomo razzo, un anno luce è solo un pomeriggio sognato, navigato a vista, a centomila nodi sopra il male. Ho un sestante di cartone per tracciare una ascissa polare, dove le stelle le soffi nel sapone, e non devi più chinare lo sguardo. Io sono l'uomo razzo, guardatemi, seduto in un angolo, con le mani sulle orecchie a pregare numeri a caso, a fermare la tua cinta, o a unire un milione di stelle in punta di matita e aspettare che sembri un disegno, oppure un sorriso bianco da dentifricio alla ionosfera. Volo in silenzio, e il mio acquario per pesci non si appanna mai, anche quando ci respiro dentro lo stupore, che volare è come nuotare, basta solo dimenticare. Ora mi bastano scarpe ben allacciate, un ordinata sferica, un orizzonte di curvatura dove non puoi arrivare, dove non farà più male. Io sono l'uomo razzo, ho portato con me tutto quello che serve senza gravità, cioccolato, carta di riso e francobolli, e quella fiaba che ho in tasca, quella che comincia con la tua voce di latta che dice “c'era una volta celeste...


ad A.

domenica, febbraio 18, 2007

sonatina sgrammaticata


Cartier Bresson

Rue de Chambronne 23 , luglio 1953. (non piove)

“Non ho nient'altro da raccontarvi, sapete. Le parole prima o poi finiscono, come tutto quanto il resto. Ho vuotato ogni scatola, ogni cassetto. Ho inalato naftalina, e la notte, le tarme le ho sentite grattare lo stesso, ingrassarsi di legno fradicio. Dovrei farmi la barba, li per li,non mi sono nemmeno riconosciuto, e poi, in uno specchio al mercurio, con il vestito buono e la brillantina sulle tempie sembriamo tutti poeti o funzionari. Ci sono passi per le scale, puntuali come solo le scarpe dei burocrati sanno esserlo. Bussano. Sul modulo H 34 era scritto così : Parole a Rendere. Sarà difficile spiegarlo ora, convincerli che non ho più niente, che non sono stato ai patti, che ho dato via tutto, svenduto ogni virgola per vanità, per paura. Apro. Entrano un nano maculato con gessato bombetta e scarpe cotton club, tiene una pistola nella cintola delle mutande, la canna struscia per terra e mi insanguina il parquet, un borgomastro mancino con un buco in gola, baffi di martora 05 e i denti gialli, e un insetto stecco con carta verde, orologio da tasca fermo alle tre e l'alito pesante in una pronuncia tartara, ma senza tuorlo d'uovo. Il tizio con il buco in gola mi gracchia con un microfono i suoi diritti in perfetto stile radio londra, e poi, mi chiede se ho capito bene cosa mi aspetta, e se quella in calce è la mia firma. Faccio un cenno con la testa. Ripiega il foglio nei guanti, si guarda intorno con un periscopio e raccoglie da terra una esse, poi, mi indica la porta. Mi frugo le tasche, chissà se posso farmi la barba prima”.

martedì, febbraio 13, 2007

prestazione straordinaria


Jan Saudek

Il fatto è, che è la prima volta. Io non l'ho mai fatto. Mai con qualcuno che ha le ciglia finte comunque, ne in una stanza rosa. Non lo so che faccia hai dietro quella bocca rossa, sotto quella polvere da farfalla. Tu, potresti essere chiunque, potrei immaginare questo, sei chiunque, un ricordo, un ricordo con un boa rosso intorno al collo segnato, il respiro di tabacco e le ombre scure dei capezzoli dietro una seta da teatro. Ecco, sei un ricordo con le unghie di lacca e una voce di saliva. Io sto ancora in piedi, in una luce da primo atto, con il cappotto tra le braccia a guardare il letto. Il letto degli altri, quelli, prima di me, quelli dopo, avrai il loro respiro, il loro sapore. Con quanti nomi ti hanno chiamato, a quante hai rubato la voce, mimato i gesti. Mi togli il cappotto, e mi chiedi con una voce in prestito, mentre conti i soldi “cosa ti piace?”. Ti fermo le mani sui bottoni “non ti pago per scopare, ne per fingere di venire, per quello, basta mia moglie”allora, perché ?”. E' la prima volta, non l'ho mai fatto, mai con qualcuno che tenesse la luce accesa e un cazzo di gomma sul comodino. Non l'ho mai fatto con un ricordo. “Ti pago per fingere di amarmi”.

domenica, febbraio 11, 2007

chiave d'accesso



Le statistiche stanno ai bloggers come le banane ai primati, sono irresistibili, un morbo che devasta la privacy, toglie il sonno e ci conferma sistematicamente che il blogger o la blogger che amiamo non ci caga di striscio. Ma c'è una nuova droga in commercio : “Le chiavi di accesso”, più pericolosa della coca tagliata con la mannite e della nutella col cucchiaino, e diffusa almeno quanto la coccoina (pura), questo ha sostituito progressivamente ad un covo di buontemponi che non si fanno i cazzi propri, una nuova specie di tossici - dissociati che il nottambulismo forzato ha ridotto a degli ammassi sudaticci con bulbi oculari come uova sode e polpastrelli a ventosa, devastati da una forma di morbosa curiosità incurabile. L'unico grande quesito, temo senza risposte, è se sia più pericoloso l'utente delle chiavi di ricerca e delle statistiche o un tizio dell' alabama che picchietta sulla tastiera “come conquistare il mondo con un bazooka ad acqua”. Quello che segue è un piccolo sunto delle chiavi di accesso al mio blog ordinate secondo una mia personalissima classifica di gradimento, e già so, che passerò molto del mio già inutile tempo a cercare di disintossicarmi con il metadone, e a dare un volto e un corpo a gente che digita cose come queste:

1- cosa fare quando un meteorite colpisce la vostra mucca da latte.

2- come ruttare in assenza di gravità

3- sedare una rissa condominiale con una sparachiodi

4- cosa fare se vostra suocera depone un uovo

5-spedire un sumo per postacelere

6-quando un clitoride è più grande del vostro pene.

7-guida alla salsiccia ariana

8- come raggiungere l'orgasmo quando è a 100 metri da voi.

9- il senso dell'umorismo nei bonobo

10- curare la depressione con i datteri e una mazza da cricket

11- comitato per l'autodeterminazione dei nani da orgia

12-come affittare un nano da orgia

13-rapinare una banca mascherato da estratto conto

14-circoncidere un nazista mentre dorme

16-vostra nonna guarda i film porno

17-vostra nonna fa i film porno

18-ho visto un ufo nel mio frigo

19-la telepatia nei parrucchini ossigenati

20- curarsi con il pongo.

martedì, febbraio 06, 2007

partitura meccanica


Jan Saudek

(Do ) Ho messo il buio in una scatola. Una scatola da musica con la chiave d'ottone e le note a punta. Se avessi più coraggio ci guarderei dentro, ma dalla mia, ho il tempo e una lunga coda di stelle nel latte, gli scatti del rullo e una piccola manovella. (Sol ) Io, che la musica la guardo soltanto, che non copro un ottava tra il pollice e l'indice, io che non pago mai. (La ) Il buio è nella scatola, per non leggere a prima vista, e inforcare piccoli vetri sfocati con la rincorsa. Hai due righe di sale sulla faccia, da portar via con una lingua da mestierante, ma fischiare ad un angolo è accademia, non c'è volo (Fa) e tu lo sai bene, nessuna improvvisazione, una diteggiatura composta. Questa, è solo cartamusica, a scatola chiusa.

Note: Ho trovato questo spartito salato, dentro una scatola da musica. Andrebbe suonato così : Scherzetto andante con leggero imbarazzo (bemolle) con quartetto d'archi e astrolabio solista. Nel finale La musica cala lentamente uno strumento alla volta, rimane solamente il controfagotto in uno struggente assolo che termina con la morte del musicista che inghiotte un ancia per sbaglio e fischietta come una starna la sua dipartita in sol maggiore. E di rigore l'abito Oscuro.