venerdì, gennaio 30, 2009

tutti amano Brunella


Jenny Saville

il faldone gli aveva spaccato la testa in due come un cocomero. L'avvocato Reboni Adalberto di anni 52, se ne stava a pancia sotto disegnato col gesso, in una vaga posa plastica con lo sguardo perso per sempre verso il terzo volume di Diritto Pubblico nel suo ufficio. La pozza di sangue dietro la testa lo incorniciava che meglio non si poteva. Nessun segno di colluttazione. Il faldone "Rendicontazione 1998/99" se ne stava tronfio in mezzo alla stanza, pronto a colpire ancora.

"De Simone, che mi dici? nessun testimone, nessuno ha sentito niente?"

nessuno parlava, erano tutti abbottonati come le giacche. Ma pareva che con la direttrice del personale, La dottoressa Brunella Sarti, unica indiziata al momento, non corresse buon sangue. Nei corridoi le voci, parlavano di Mobbing, pare che lui , il Reboni, la volesse fuori dal consiglio di amministrazione, e dentro il suo letto, invece.

"De simone, la battuta era una merda, da lunedì, torni all'archivio con Sannazzaro, quello con l'alito al metano, quando è crepato sto poveretto?"

Adalberto Reboni, 52 anni, direttore della Reboni & Gastaldi assosciati era ossessionato da Brunella Sarti, lei era molto più intelligente di lui, e la cosa, come al novanta per cento degli uomini, lo eccitava e terrorizzava al tempo stesso. Era crepato tra le 15:00 e le 15:30. La notte chiudeva gli occhi prima di addormentarsi, e se la immaginava, la Brunella Sarti, via, via, vestita da suora, da poliziotta, da infermiera, da domatrice e da assicuratrice persino. E una volta, lei era vestita da maestra e gli diceva bacchettandolo sulle chiappe rosa maiale "domani, vieni accompagnato dai genitali". Adalberto Reboni, 52 anni, era anche uno stronzo, però. Viveva con la madre, fondamentalmente perché nessuna se lo pigliava. In ufficio faceva il buono e cattivo tempo, vessando, con l'unico potere che aveva. I soldi. E raccontando che si scopava la Brunella Sarti.

"De Simone, vammi a pigliare un caffè, ma prima dimmi quello che sai di questo Codognotto dell' ufficio amministrativo"

Andrea Codognotto, amava segretamente, o così credeva lui, Brunella Sarti da 12 anni. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per salvarla. La notte, chiudeva gli occhi prima di addormentarsi, e se la immaginava con i capelli raccolti dietro la nuca, incitarlo durante un torneo medievale, mentre batte a colpi di mazzuola il cavaliere nero in singolar tenzone. Andrea Codognotto, era un coglione senza speranza, buono come il pane, ma irrimediabilmente fottuto, come tutti quelli che credono che la fantasia sia un poco meglio della realtà. Comunque, nei suoi sogni Brunella Sarti, aveva un neo a forma d'Africa, in fondo alla schiena. E una volta alla cena di natale ci aveva pure parlato. Le aveva offerto un pezzo di panettone, e lei gli aveva detto "grazie Alessandro" e lui dopo si era soffocato con l'uva passa.

"De Simone, il caffè era una merda, da mercoledì te ne torni Di pattuglia a Tor Bella Monaca. Fai accomodare 'sto Codognotto"

Codognotto, avrebbe detto al Commissario Landolfi, con la voce di Al Pacino, che erano insieme, che si erano visti di nascosto nello stanzino delle scope, seduti sulla vecchia fotocopiatrice, che nella foia della passione si era pure accesa. In quella mezz'ora, Brunella era con lui, avrebbe potuto giurarlo, davanti a un giudice, con la mano sinistra in alto e la destra sulla bibbia, o forse era il contrario. Poi si sfilò l'elmo a forma di scolapasta dalla testa, e timbrò con vigore la pratica Ambrosini. Contento come una pasqua.

"De Simone, Adesso interroghiamo La Brunella Sarti, che secondo me la storia dello stanzino delle scope sta in piedi come i tuoi certificati di malattia per ferragosto. Tu stai dietro le sue spalle a braccia conserte, e fa la faccia da stronzo, che ti viene bene. Mi raccomando, che se mi fai scappare da ridere, dal mese prossimo ti mando a dirigere il traffico a Bassano del Grappa"

Il Commissario Landolfi accese la lampada da tavolo, e gliela sparò in faccia, ma nemmeno troppo. Brunella Sarti, non aveva esitato nemmeno per un secondo, aveva confermato le parole del Codognotto, dietro qualche boccata di fumo denso, fino all'ultima virgola. Anche troppo. Neanche quando le aveva detto che la segretaria Cirinnà l'aveva sentita ringhiare dopo l'ultimo consiglio di amministrazione " giuro che lo ammazzo sto bastardo" aveva fatto una piega. Il fatto è che la Brunella Sarti quella mattina, nel dormiveglia si era sognata uno che era sputato ad Andrea Codognotto, che forse ci aveva parlato una volta sola alla cena di natale, e gli aveva passato un pezzo di panforte. E se lo era sognato con uno scolapasta in testa, che pareva un elmo. E a uno così, forse, gli puoi pure volere bene.

"De Simone, come sarebbe a dire che la Sarti ha delle prove che la scagionano? De Simone guarda che oggi io ci ho il culo storto, e il questore attaccato alle chiappe, se hai detto 'na cazzata ti spedisco a fare le guardie al milite ignoto di Oristano "

Le fotocopie erano sparse per terra nello stanzino delle scope, un mazzo da 55 fogli fabriano A4. Si vedevano chiaramente il culo della Brunella Sarti con un neo a forma d'Africa sulla chiappa destra, La gnocca a cespuglio della Brunella Sarti, l'uccello del Codognotto in evidente stato di erezione, le tette della Brunella Sarti, le guance della Brunella Sarti con un rovo di filo spinato al posto dei capelli corvini, la suola di una scarpa coi tacchi numero 35 della Brunella Sarti, l'ombelico della Brunella Sarti e una cosa che probabilmente era una penetrazione, anche se un po sfocata, purtroppo, e che a colpo d'occhio sembrava schiacciata contro il vetro come i sottaceti. Le prove furono mostrate a tutto lo studio associato Reboni & Gastaldi, con la massima discrezione. E dall'usciere Ranaldi al Vice direttore generale Ragusani, tutti confermarono che quella era la Brunella Sarti. Persino Madrigani, orbo da un occhio esclamò all'archivista Parrelli "Antò, tu qui ti puoi inventare quello che vuoi, ma questo qui, è un culo" La scientifica, dalla temperatura delle fotocopie e dal grado di assiccazione del toner, stabilì che la copula era avvenuta tra le 15:00 alle 15:30. Non c'erano cazzi, la Sarti era innocente.

"De Simone, vatti a preparare le valigie per la Barbagia, e fai entrare la segretaria di Reboni"

La segretaria di Reboni, Sara Cirinnà , amava Brunella Sarti da 12 anni, da quando alla cena di natale le aveva offerto un bicchiere di spumante, e lei le aveva risposto "Grazie Sabrina". La notte, prima di addormentarsi si immaginava Brunella con un gessato e le mani grandi. Perché le pareva migliore di tutti gli uomini che aveva incontrato in vita sua. Aveva sentito Reboni al telefono, raccontare nei dettagli cosa sapesse fare con la lingua. E la gelosia se l'era mangiata. Aveva lasciato le impronte sul faldone assassino, e aveva tracce di sangue sotto le unghie laccate, e aveva balbettatto per tutto l'interrogatorio, per paura, e perché questo non è un buon giallo.


"De Simone, ti promuovo maresciallo, ma levati dai coglioni che devo parlare in privato con la signorina Sarti. Signorina Brunella , per noi può andare, è libera....e un ultima cosa...una fotocopia, la posso tenere? "


a Brunella Saccone, per gioco, e alle alchimie nascoste dietro i pixel, grazie a Dio.

martedì, gennaio 27, 2009

25 cose che so di lui


Red Nose Studio
  1. ho il coccige rotto, e non so perché, ma quando dico "che culo" parlo con cognizione di causa.
  2. sono nato da una gravidanza isterica circa 40 anni fa, mia madre sta meglio, io non posso dire altrettanto.
  3. soffro di disturbi dell'alimentazione, mangio praticamente qualunque cosa, perché è l'unica cosa che mi fa star bene veramente, e non mi pento mai dopo essermi ingozzato. Sto combattendo una personale battaglia contro l'anoressia, e sono l'unico bulimico che non vomita.
  4. amo il tennis, e credo che John mcEnroe sia stato l'unico vero genio del ventesimo secolo (dopo mio zio Gualtiero che aveva si, una pessima prima palla di servizio, ma ha inventato un sospensorio commestibile per i pugili gay)
  5. sono fondamentalmente misogino, e fino a qualche anno fa ero convinto che dipendesse dal rapporto con mia madre, poi ho capito che era solo la prima che ho conosciuto. Mi dedico quindi a frequentazioni fraterne e testosteroniche con intellettuali, filosofi o portuali con il vezzo della compagnia.
  6. vincerò il premio nobel entro i 45 anni, per aver scoperto che le donne, il punto G, lo spostano.
  7. sono il miglior disegnatore che conosca, ma sono molto pigro e le mie idee quasi sempre mi appagano ancor prima di arrivare a disegnarle.
  8. io non so contare, ho difficoltà enormi nell'elaborazione di calcoli anche molto elementari, uso le dita per contare e faccio molta fatica a leggere e memorizzare numeri in sequenza.
  9. adoro la masturbazione perché se vieni subito nessuno se la prende troppo, e comunque non perdi il film delle 21:00.
  10. leggo pochissimo e scrivo abbastanza, le due cose non sono collegate. Ma questo spiega la mia proverbiale ignoranza, e che questi sono i miei 25 punti per cui scrivo quello che cazzo mi pare.
  11. Non so nulla di grammatica, ignoro (evidentemente) l'uso della punteggiatura, e butto le virgole a casaccio. Per lo più usandole come prese di fiato mentre parlo.
  12. uso pochi colori perché tendo al monocromatismo, e perché un tubetto di acrilico costa 13 euro.
  13. sono ossessionato dal seno, credo che sia la cosa più bella esistente in natura, insieme all'angolo tra l'orecchio e il collo, e a Francesca Romana Bernarda di Abbiate Grasso (MI).
  14. nel tempo libero addestro quaglie da combattimento per incontri clandestini. Tranne il sabato sera ove mi diletto facendo telefonate oscene imitando la voce del papa al convento delle carmelitane scalze di Via della Madonna di Fatima.
  15. ho sempre sognato di fare l'attore, ma la mia interpretazione migliore è quella che porto avanti da quando mi ostino a far finta di non essere un comunista.
  16. sono terrorizzato dai ragni, e dai burocrati. Ma la cosa che più mi spaventa sono i pazzi che gridano contro i lampioni per la strada, perché intimamente so di essere come loro.
  17. mi piace l'odore del legno delle matite.
  18. sono attratto e al tempo stesso provo repulsione, per quelle persone che si trovano a proprio agio in qualsiasi ambiente, e sono in grado di conversare del più e del meno con chiunque, trasversalmente, senza differenze di classe o culturali. Perché intimamente so di non essere come loro.
  19. vorrei vivere in eterno, sopravvivere al dolore della scomparsa altrui mi pare tollerabile, a quello della mia no. e comunque, pensare che qualcuno un giorno venga a parlarmi senza che io possa rispondere con un mazzo di fiori in mano, mi pare atroce, quasi come parlare di staminali con uno portavoce del vaticano.
  20. sono un ipocondriaco, ma di quelli che non vanno dal medico, di quelli che aspettano la morte a casa per un alluce valgo. Se viaggio anche per un giorno non parto mai con meno di sei medicinali nello zaino (Aulin, Spasmoman, Lansox, Plasil, Rinofrenal, Zitromax) sulla mia lapide scriverò "Ve lo avevo detto che non era rinite da fieno"
  21. non sono mai stato innamorato, ma ho avuto qualche malattia. Che poi è la stessa cosa, mi dicono.
  22. far ridere gli altri è il più grande privilegio che mi sia stato concesso, perché ogni volta che che qualcuno che ami ride, da qualche parte nel mondo nasce un bambino.
  23. quando sono fermo in doppia fila, mi piace aspettare il momento in cui le mie doppie frecce si sincronizzano con quelle dell'auto davanti.
  24. ogni volta che leggo una parola per la strada, ne faccio immediatamente l'anagramma.
  25. non avrò mai figli.

mercoledì, gennaio 21, 2009

con gli occhi chiusi


Jan Saudek

il mio amore non mi vede più. Le sue mani sulla mia faccia come i ciechi alle statue, tenute per i polsi, portate a forza al ricordo, sotto la cinta. La mia lingua sui tuoi palmi, crederai a lacrime di saliva. Ti sussurro un ricordo nella virgola tonda che hai dietro l'orecchio. Ma il mio amore non mi vede più, legge quello che dico in punta di dita. E delle parole, di tutto l'amore detto e sputato, resta il suo incanto degli occhi, fissi come i cani alla luna, ai pensieri sospesi nelle ciocche di corvo, proprio sopra la fronte. Ti prendo per forza, con la gonna alzata sugli occhi. Non piangi con la testa di lato, e il rosso strisciato appena oltre le labbra. E non mi vedi più, mentre non ti basto e ti spingo nelle anche la rabbia dei cani. Guardi lontano, poco oltre un bicchiere di sete, aperta nelle cosce, sotto il mio fiato grosso. Ascolti quello che resta, le risate di un altra età in una stanza vuota. E il mio vuoto che riempie la tua bocca.

giovedì, gennaio 08, 2009

i girasoli



Francesca Woodman

Prologo
“metà della mia vita la passo infilato nel culo di qualcuno, è più forte di me. Mi piacerebbe restarci incastrato dentro, come è successo all'avvocato De Petris. Al pronto soccorso gli hanno dovuto anestetizzare l'uccello, altrimenti ci sarebbe rimasto dentro a vita. Che poi, nel cono di luce dei fari, la notte, sembrano donne. Le donne che vuoi tu. Questo per esempio c'ha il culo più bello della polacca di viale Togliatti, molto più bello di tante donne che conosco. Sta qui incaprettata in mezzo al prato mentre gli rubo i fianchi con le ginocchia piantate nei sassi. Scusami, potresti piegarti un po? ancora un po, che non ci arrivo, troia"

aveva parlato chiaro il ministro Gracchi, con le dita gialle a disegnare piccoli cerchi e quadrati. Le braccia appena un poco troppo lunghe per il cappotto color cemento, incastrato a forza nelle spalle, e il gracchio da fumatore nel suo collo da grammofono. “Le puttane e i travestiti devono sgomberare”. Aveva parlato con la voce delle grandi occasioni, usando frasi ad effetto come “Abbiamo figli a cui far vedere una strada in cui vivere, e non copertoni che bruciano al posto dei lampioni” Le diceva di colore paonazzo e con le vene del collo come sartie. Il comitato di quartiere aveva applaudito intonando degli hallelujah, e il ministro Gracchi si era macchiato i pantaloni di potere, facendosi il segno della croce.
"ti dispiacerebbe muovere il culo, per favore? Se mi arrivasse una denuncia per atti osceni sarebbe così divertente, quasi comico. Spiegare cosa ci faccio con i calzoni alle caviglie e il cappotto sotto le braccia. Chissà che faccia farebbe mia moglie. Anzi, chissà che faccia ha mia moglie. Marta mi da la schiena dal 1970. L'ultima volta che l'ho vista, aveva un ombra d'azzurro sulle palpebre e un mazzo di fiori stretto nel pugno sinistro. Poi, ha passato il resto dei miei giorni sul fianco destro, tanto per cambiare lato. Non è che potresti chiamarmi amore, piccola?"

le camionette arrivarono alle tre del mattino, e siccome le prostitute avevano tutte l'uccello e sui documenti nomi da calciatori fu risparmiato loro l'uso del voi. Alla questura avevano suggerito di usare la mano pesante. Per questo un paio o forse tre furono violentate con gli sfollagente durante l'omelia dei diritti, letti con bell'intonazione per coprire le grida e dare un vago senso di legalità alla cosa. Al mattino furono piantati girasoli finti sulle aiuole, e ai bambini fu permesso di giocare a mosca cieca tra i platani ammalati. Dopo una settimana, alla puzza di copertoni, prese posto quella degli Arbre Magique al cocco e papaya.

"ecco, ecco, tu, ecco, tra un minuto vengo, ecco. Se penso a tutto il tempo passato a tirare su muri maestri, a chiudere i cancelli, a girare le chiavi nei lucchetti, a proteggere chi amo dallo schifo che mi scopo, da quelli come te. Eppure mi piace, quanto mi piace prendervi per il culo, tutti quanti. Non è che potresti dirmi delle parolacce? Adesso voltati...”

e si voltò. Quello che successe alle 23.40 di quella notte ormai fa parte della leggenda. Il ministro Gracchi si sfilò dal pertugio e dalla vita in un sol colpo di reni benedetto. Perché la bellissima Pamela che poi si chiamava Paolo, nei fari dell'auto blu tirandosi su le calze sporche d'erba e miele d'acacia, sgranò gli occhi truccati di terra d'ombra in quelli del ministro Gracchi, e disse “papà...”
Al funerale andarono 12 persone, dodici apostoli leccaculo in nero, e il Borgomastro Pedrazzi gorgheggiò tremulo al microfono di S. Maria Ausiliatrice, che al senso civico e morale dell'uomo e alla statura del politico, sarebbero state gradite, assai, le chiavi del paradiso, o almeno il nome di una strada senza mignotte. Poi, fu sigillato in un forziere di noce e raso.

Epilogo
“metà della mia vita la passo con qualcuno infilato nel didietro, l'altra metà a guardare allo specchio il corpo di un altro, quello sbagliato. Mi piace truccarmi. Mi ricordo quando lo faceva mia madre, e scivolavo nei tacchi troppo alti verso la punta. Il nero del rimmel faceva lacrime di ghepardo intorno alle guance. E lei mi diceva nella rossa bocca che ero bellissimo, vestito di fiori”