lunedì, febbraio 23, 2009

moon_alkaline



devo ricordarmi di cambiare le pile. Segna le sei ed è ancora buio. E nemmeno suona. L’insegna del sexy shop lampeggia sul mio quadro migliore e gli regala un culo nuovo. E poi fa freddo, un freddo strano. Un freddo che ti entra dentro. Sogno ancora un po, rifaccio quel sogno di mercoledì, quello che fa ridere tra le gambe. Lampeggia le sette adesso , una intermittenza blu sulla foto di Camilla. i vicini si urlano un'altra nottata addosso, la stessa da sempre. È ancora buio pesto, Camilla non ha chiamato, la foto in penombra sembra chiudere gli occhi. Chiedere scusa al buio sembra più facile, potrei alzarmi per pisciare ma il quartetto per panni stesi non me lo perdo. Sette e mezza, la bocca di mosto si gela nel blu, faccio pensieri da aringa, senza scadenza. Fuori c’è un silenzio di neve, nessun canto di sirene, il bicchiere di sete è amaro e sembra una notte senza dolore. Ti chiederò scusa domani, dormo ancora un po, devo sognare di quella volta, di quando venivi mossa e ridevi per sempre. Buffo, segna la nove e fuori è ancora buio. Devo decidermi a cambiare le pile.


nella notte del 23 febbraio 1969, la terra smise improvvisamente di girare. La notizia fu data alla radio, in bianco e nero. Mezzo pianeta sarebbe rimasto illuminato per sempre. Io, ero nell’altra metà.

venerdì, febbraio 13, 2009

per esempio, giugno



avevo già scoperto l'uso di certi pennarelli, e il sapore mandorla delle matite. Avevo. Il possesso passava per la consapevolezza di avere tempo. Non facevo ancora quello strano sogno in cui mi tolgo cotone bianco dalla bocca, mentre tu ridi con il dito indice in un ricciolo di filo spinato. Avevo già il cuoio al polso mancino, un respiro prima che diventassero legacci. Avevo un sesso di legno liquido appena dopo le ciglia e la notte. Avevo già lo specchio ossidato di verderame, l'amore inadeguato. Mettermi in punta di piedi non mi avrebbe permesso mai di essere all'altezza. Di te, del tuo profilo a gennaio. Avevo già il fiato corto di chi sa stare un passo indietro all'amore, nel cono d'ombra del ricordo, a seguire le molliche di pietra degli sconfitti. Avevo già tutto quello che sarebbe stato, l'avvenire nelle tue mani. Avevo paura, oggi come allora, perché lo stupore aveva il tuo odore. Avevo vent'anni.

il sangue ed il mosto


Lucien Freud

“…lei fuma? fa bene. Una volta uno che conosco mi ha detto che ogni sigaretta è un ora in meno di vita. Mio padre fumava tabacco arrotolato dall’età di sette anni, trinciato fine, l’ho ucciso io che ne aveva sessantatre. Lei capisce, mi fissava e poi guardava il respiratore e c’era anche un crocifisso che pendeva dalla parte sbagliata. Poi mi ha detto “non ce la faccio più” così l’ho baciato sulla fronte che sapeva di sale e ho staccato la spina. Mentre smetteva di respirare gli ho pettinato i capelli e raccontato di quella volta, quando nel tufo umido e buio mi raccontava il sangue ed il mosto con mani sagge e i gesti di sempre. Lei ha mai visto il vino bollire? immaginavo. Sono cose di ieri in fondo, come i passi dietro la porta e la spuma. Non mi sono mai fidato dei medici, ma soprattutto di Dio. Ha una sigaretta? Peccato. Sono stato io...”