giovedì, luglio 09, 2009

delicatessen (800$ al metro lineare)



mi chiamo Orazio Narl. Mai creduto in niente e nessuno. Va detto in apertura però, che i bambini non credono in Dio ma alle suore, e mio padre dalle suore non mi ci ha voluto mandare. Mia madre era metodista, mio padre materialista alcolista. La sera tornava a casa sobrio, per non dare nell'occhio, ma mia madre la picchiava lo stesso, e dopo, mentre le disinfettava i segni della fibia sulla schiena le leggeva amorevolmente Marx, Groucho. Mia madre piangeva e pregava, e intrecciava vimini e falangi. Io passavo il tempo a pescare, e ogni volta che tornavo con la cesta piena di barbi, a mia madre dicevo "ho irretito un pesce". Allora mio padre mi diceva che avevo troppa fantasia, e picchiava anche me. Mio padre aveva una filosofia di vita molto spicciola sapete, più o meno recitava "la vita è una merda figliolo, e quindi, tanto vale imparare a navigarla" per questo gestiva una ditta di spurgo. Diceva anche, citando Eraclito rigorosamente a tavola " da quello che la gente caga, si capiscono molte cose". Mia madre a quel punto andava a dare di stomaco, sognando con mezza saponetta cacciata in bocca che qualcuno finalmente la portasse via. E a marzo, vennero a portarla via davvero, anche se non era l'agente immobiliare di Groover Street che ogni venerdì le prometteva il nulla con i calzoni calati fino alle ginocchia e degli osceni calzini con le giarrettiere. Venne una trombosi al lobo temporale destro, mentre mia madre era sulla porta con le buste della spesa e un foulard a pois sui capelli color carota. Sentì il fischio di un treno da binario morto e rimase ritta e prigioniera per sempre come i manichini delle sartorie. Mio padre la imboccò per un paio di mesi raccogliendo pappa di semola ai lati della sua bocca, poi si annoiò e la lasciò crepare da sola davanti a "vento d'ammore" sul canale sette.

al funerale di mia madre come era usanza dalle mie parti, la gente si ingozzava di ogni ben di dio. Sembrava una festa. Mio zio Ferdinand quasi si soffoca con un osso di tacchino incastrato nel gozzo, e sua moglie Martha, con le dita sporche di sugo, aveva continuato a dirmi tutto il tempo pizzicotti unti sulle guance. Alle tre del pomeriggio mio padre mi aveva trovato chiuso in un armadio a piangermi addosso e mi disse, paonazzo, con l'alito che puzzava di bourbon che l'auto commiserazione era come le seghe, faceva diventare ciechi. E poi, stringendomi forte la mano con gli occhi umidi aggiunse "Orazio, figliolo, ora che tua madre non c'è più, purtroppo non potrò mantenerti, quindi a malincuore, dovrai mantenere tu me" a dodici anni suonati, e la prima leggera peluria sulle labbra, andai a lavorare all'Emporio Prendergast. Avevo una salopette blu, e scarpe di vernice strette. All'emporio lavorava anche Marta Salznick, e a lei devo alcune delle cose più importanti della mia vita. La prima me la insegnò dopo una settimana frugandomi nella patta con le mani ruvide di sapone, e la, seppi, che con l'uccello non si piscia e basta. La seconda invece è che bisogna evitare i locali romantici al primo appuntamento perché nei ristoranti pieni si mangia molto, ma in quelli vuoti si spende troppo. Alla fine dell'anno ringraziai il signor Prendergast, presi la liquidazione e mi arruolai nei marines.

Il mio paese era in guerra con una colonia africana, e io non avevo mai visto nè una colonia né un negro finchè non dovetti sparargli in mezzo al petto. E in quei giorni sparai anche ad altre creature mai viste, come i bambini e le donne, e anche le zebre i coguari e le puttane. Anche se le zebre in verità le avevo già viste allo zoo di Richmond, quando mio padre si ostinava a dire che fossero muli dipinti. io obbedivo agli ordini, ovviamente. Quando entrammo ad Asmara in fila indiana ci sputarono addosso anche i dromedari, comunque.

al ritorno dalla guerra, io ero un reduce tossicodipendente con un tagliaunghie da sopravvivenza, e mio padre era morto. Le esalazioni degli spurghi gli avevano avvelenato i polmoni e il cervello. Gli avevano dato pochi mesi di vita, per cui raccolse quei pochi soldi che aveva, sposò un transessuale in seconde nozze a Las Vegas, in una chiesa a forma di water e con un prete vestito da Elvis che cantava "are you lonesome tonight" mentre gli si muoveva la dentiera. Una settimana prima di morire fece testamento, e mi lasciò in eredità l'autoclave per lo spurgo, un paio di galosce e la pompa con trenta metri di tubo in gomma e titanio. E fui un uomo nuovo.

Conobbi Elvira un pomeriggio di luglio, andai a sturare il condotto di scarico del monastero delle Suore del Sacro Cuore di Gesù. Per sturarlo ci vollero tre ore e mezza, e alla fine uscì un bolo di profilattici incastrati nello snodo di scarico a tre metri sotto terra. La madre superiora fu cacciata con ignominia, e adesso gestisce un sexy shop a Montego Bay. Elvira aveva una stanza in affitto nel convento, e dopo avermi visto all'opera mi disse chei trenta metri di gomma e titanio erano un buon motivo per sposare un uomo. Aveva voluto aggiungere il cognome del marito al suo, come sua madre, e sua nonna prima di lei, Elvira Spritz Narl. Il sesso con mia moglie era il supplemento settimanale alla masturbazione. E mi costava solo 15 dollari. "lo faccio per te perché sei un amico" mi diceva mentre si sfilava le calze. Ma dovevo capirlo subito, "che ci guadagno a venire a letto con te?" mi aveva detto la prima volta che mi ero fatto trovare vestito della sola cravatta nel suo soggiorno a fiori color cachi. E così era diventata una sana abitudine. Io svuotavo i miei condotti spermatici mettendoli al riparo da malattie da disuso, e lei aveva, dopo vent'anni di onorata carriera da moglie, messo da parte un gruzzolo che quel lunedì le avrebbe permesso di comprarsi un auto e andarsene. Ed è quello che fece, nell'aprile del 1958 si comprò una Road Caster del '55 e scappò a Monterey con un addetto all'import export di marmotte impagliate. Eppure la amavo.

Scappò altre quattro o cinque volte. Ci furono anche Il Rudolph ventriloquo, Il truccatore di salme, Ottavio il pupazzo di Rudolph il ventriloquo e un tizio di Chattanooga che vendeva protesi peniene nel mercato orientale. Eppure la amavo, più di ogni altra cosa. "io voglio il meglio per me" mi disse quella volta che voleva andarsene con Reginald il podologo. E il meglio doveva arrivare da nord est in effetti, ma non fu Reginald, come sperava lei, ma un colpo d'ascia alla base del collo. La testa di Elvira mi guardò rotolando, come quando da ragazzino fai le capriole e vedi le mutande a tua madre. Poi rimase in mezzo alla stanza e morse. La tagliai a fettine sottili che cucinai con limone e rucola del Massachusetts in un delicatissimo carpaccio. Ingoiai anche la fede, (e fosti mia). Non era cannibalismo, sapete, volevo tenerla con me per sempre. E trattenni il più possibile, forse una settimana o dieci giorni. Ero in piena fase anale. Ora, pare che metalli e pietre preziose non siano digeribili, non completamente almeno. Fui ricoverato durante la notte in preda ad atroci dolori e allucinazioni, e nel bel mezzo dell'operazione di spurgo salta fuori la fede con inciso "Orazio & Elvira sposi" tintinnando in un recipiente di latta. Il rapporto del medico arrivò via fax all'agente Colica due ore dopo. Frugarono a casa e nel frigo trovarono sei alette di tacchino, due cordon bleu, frutta avariata e due polpacci in guazzetto, che dopo una accurata analisi della scientifica risultarono essere di mia moglie, Elvira Spritz Narl. L'agente Colica sorrise sulla porta facendo ciondolare le manette davanti alla mia flebo di astringente "come avete fatto a incastrarmi?" sorrise " da quello che la gente caga, si capiscono molte cose". lo diceva anche mio padre, e dovevo ascoltarlo cristo. Chi la fa l'aspetti.

25 Comments:

Anonymous Anonimo said...

sei un portatore sano di fantasia, ecco. fantasia psichedelica. se ti becca tarantino non ti molla più.

devo ripeterti quello che dico sempre.. "bravo", anzi "bravò", alla francese ;)

dea

5:25 PM  
Anonymous rita said...

E va bene, Hobbs. Fino a quando continuerai a prenderci così per i polsi, a legarci alle sedie, a non farci andare? Non so fuggire dai reticoli di ragno della tua scrittura. Vi torno e mi impiglio, ti scorro come un libro e ti sfoglio come le spine di un rosaio. Alla fine ho dita graffiate e occhi colmi. Ci sono piccoli sassi che scorrono attraverso il sangue che rallenta accomodandosi al ritmo lento che esige la lettura. Non si passa mai indenni, di qua, Hobbs.

12:27 PM  
Anonymous greis said...

grande.
quando arrivi all'ultimo rigo ti dispiace sia finita e dici e no!

5:53 PM  
Anonymous giovanna said...

per i giochi di parole e per come giochi con le parole. per l'ironia, per le dritte (al mio prossimo primo appuntamento ti penserò) perché adoro Groucho (ma solo perchè l'ho conosciuto dai fumetti di Dylan Dog) perchè mio figlio ha una mamma con i capelli color carota (ma non conosce nessun immobiliare) perchè l'agente Colica era l'uomo giusto al momento giusto.
per quel fa.
per questo e per tanto altro (che magari mica serviva una spiegazione) volevo dirti: bravo.

ma te l'ha già detto dea. pure in francese.. cazzarola arrivo sempre tardi

6:05 PM  
Anonymous albafucens said...

Sono rimasta letteralmente incollata con gli occhi allo schermo del computer, i tuoi racconti sono tutti talmente ricchi di particolari ..
La tua fantasia non ha limiti, dovresti girare un cortrometraggio con uno dei tuoi racconti, sono sicura avrebbe succcesso.
ciao

6:31 PM  
Blogger hobbs said...

dea: uno sherpa di idee? troppo pulp però, troppo...

rita: potrei dire lo stesso di lei, e senza sforzo, si sappia :). Mi ostino a dire a tutti che scrivo stronzate, storiacce da osservatore da bar, ma nessuno sembra crederci davvero e forse questo è il vero motivo per cui qualcuno torna a leggermi di tanto in tanto, e quindi la mia piccola fortuna. A lei, signora della parola, faccio un inchino di cuore.

greis: ne faremo un serial.

giovanna: dea è poliglotta, non fa testo. I fratelli marx me li trovo sempre più spesso a galleggiare nel mio immaginario. In un altra vita ho avuto baffi neri dipinti con il lucido da scarpe. grazie, e ancora grazie...

albafucens: la mia fantasia ha un sacco di limiti, e il più grande di tutti è che si rifiuta di vivere nella realtà.

1:50 PM  
Anonymous flounder said...

sei il mio rientro a casa.
(la stessa ebbrezza del trovare le piante annaffiate, il bucato stirato, la spesa in frigo, la cena pronta, a lume di candela)

8:24 PM  
Blogger hobbs said...

flounder: ci tenevo che tu trovassi tutto pulito e a posto, come lo avevi lasciato.

9:38 AM  
Anonymous Anonimo said...

Sfuggo dal tuo luogo perchè poi mi assorbe. La tua scrittura, poi, stanca. Ma stanca bene, mica stanca-fa-pena. Stanca in quanto smuove emozioni e uno sta sempre di corse con le emozioni tutte incasellate per non uscire dai margini che-poi-è-un-casino...
Dunque vado a dormire, và! ;-) Ale

6:01 PM  
Anonymous aitan said...

Applausi con sulla bocca un sorriso amaro.
(Ti torno a quotare sul mio tumblr.)

11:21 AM  
Blogger hobbs said...

ale: succede, e smuovere è già molto di più di quanto si possa sperare...

aitan: onoratissimo...

9:33 PM  
Anonymous rita said...

Saranno pure storie da osservatore da bar. Ma per me tu resti un Must.

6:30 PM  
Blogger hobbs said...

rita: come farei senza di te?

1:40 PM  
Anonymous Anonimo said...

Oggi dopo 2 anni di assidua frequentazione del tuo blog decido di lasciare anche io un commento, anche se certamente non sarà all'altezza dei tuoi scritti.
Ebbene, suppongo non te ne freghi nulla del commento di una -diciassettenne qualunque-, ma poco importa, voglio solo dirti che scrivi divinamente.
(il tuo blog è il primo link tra i miei "preferiti" di explorer -penso anche l'unico-, per darti un'idea)
Gabriela

1:52 AM  
Blogger hobbs said...

Gabriela: Se nessuno mi leggesse, probabilmente sarebbe come se ululassi alla luna, o peggio ancora parlassi da solo. Si scrive per se stessi, per bisogno, per paura, perchè non se ne può fare a meno, a volte si scrive anche per gli altri. c'è addirittura chi dice che si scrive sempre per una sola persona. Io considero una benedizione, sempre, il fatto che qualcuno dedichi parte del suo tempo a leggere quello che ho scritto. Il tuo commento ha reso questa settimana più bella, e te ne sono profondamente grato. benvenuta.

12:46 PM  
Anonymous Anonimo said...

non ho dedicato parte del mio tempo a leggerti, ma mi piacerebbe guardarti mentre ululi alla luna
will

9:39 AM  
Anonymous giovanna said...

se ti conoscessi bene ti direi di non preoccuparti: solo i matti parlano da soli, oppure usano lo scolapasta per cappello e credo tu non faccia nessuna di queste due cose.

lupo ululì castello ululà

10:34 AM  
Blogger hobbs said...

will:questo perché tu sei mannara...

Giovanna: cara giovanna, nel mio avatar di facebook ho uno scolapasta in testa...

p.s.
gobba? quale gobba?

10:55 AM  
Blogger giovanna said...

(è uno dei suoi avatar che preferisco)

e.. rimetta-a-posto-la-candela

1:05 PM  
Anonymous e.l.e.n.a. said...

ma che bontà, ma che bontà,
ma che cos'è questa robina qua


questo racconto è una delizia.

5:37 PM  
Blogger hobbs said...

giovanna: vedo che amiamo gli stessi film...

elena: cioccolato svizzero?

grazie...

12:39 PM  
Anonymous greis said...

certo se poi torni ci fai un favore.
(ah, ho cambiato la url)

10:10 AM  
Anonymous Silvia said...

Anche io penso a Tarantino quando scrivi così. Che parti da dentro fino ad avvolgere tutta l'epidermide, e capire così chi sei davvero. Mi piacciono queste metafore fuori decenza, un tantino eccessive, oltre l'immaginario: sono così vere.

1:57 PM  
Blogger hobbs said...

silvia: sono pulp, e non lo sapevo... :)

12:23 AM  
Anonymous Anonimo said...

good start

3:02 AM  

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