giovedì, ottobre 21, 2010

chi s'ingoia è perduto


Divertissement all'aceto balsamico, Prologo:

mentre come ogni mercoledì mi dedico alla sperimentazione culinaria più spinta tentando per la dodicesima volta consecutiva di convincere una quaglia reale a guarnirsi da sola con l'aiuto dell'ipnosi (L'io della Quaglia – ed. La Faraona 24 €) Mi chiama la redazione del Gambero Rosso, chiedendomi di andare a Torino e scrivere un pezzo sull’ottavo salone Internazionale del gusto. Siccome la quaglia nel mentre ha cominciato a farfugliare qualcosa sull'autodeterminazione dei bargigli, faccio la valigia e parto.

La giornata comincia al padiglione n° 5 dove ci sono i Laboratori del gusto, per uno scambio di esperienze e sapori, oggi l'argomento del giorno verte sulla zuppetta nel cappuccino altrui,ci dividiamo quindi in due gruppi di 15 persone di cui metà con il cappuccino e l'altra con dei morbidissimi croissant. Inseguo così un ristoratore macedone con la sua tazza di cappuccino per venticinque minuti, si arrende solo allo stand della cucina Finlandese, dove è in atto una interessante dimostrazione sull'efficacia degli chef surgelati nelle cene dell'ultimo minuto, (possono essere riutilizzati fino ad otto volte ndr). Nella sezione Teatro del gusto – Gusto del teatro, è stato predisposto un anfiteatro di marzapane da sessanta posti, dove gli chef spiegano dal vivo le loro tecniche. Il giapponese Oira kendo dimostra come schienare un cinghiale senza ferire il suo orgoglio, mentre il russo Ivan Kudiakov con l'aiuto dell'armata rossa spina un capodoglio al cartoccio con il solo ausilio dei piedi e di uno stuzzicadenti di frassino. Da dimenticare invece il cinese Kwen Loong che ha eseguito delle mosse di kung fu utilissime (pare) per convincere i buoi tibetani a dare via il proprio filetto senza fare troppe storie. Apprendo anche come coibentare un controsoffitto con il lardo di colonnata al posto del catrame, e come usare mezzo chilo di pecorino di Fossa come contropartita in un rapimento. Ma il clou è l'utilizzo della fontina e del formaggio sardo coi vermi come armi batteriologiche. Stanco ma felice, Mi rifocillo allo stand dello chef groenlandese Lapku Ukko, succhiando avidamente un ghiacciolo di foca monaca e mettendo dei bigodini aromatizzati al cardamomo ad un Bue Muschiato. Chiudo il mio giro tra i sapori del mondo nel delizioso stand Tibetano, dove uno Yeti all’acqua pazza mi obbliga a ruttare peli bianchi fino all’alba. Guardo attonito la sezione fast food dove lo statunitense Gennarino Auricchio Smith prepara i suoi Cheesburger gonfiabili (senza cetriolo ndr.). Da Mozzarella World, si possono assaggiare le deliziose mozzarelline di bufala campana fosforescenti prodotte nei terreni delle discariche confiscati alla camorra. Un po forte il sapore, ma utilissime se restate al buio sul raccordo anulare ed avete bucato. Nell’area dibattiti, assisto ad un interessantissimo simposio sui problemi sessuali dei mandaranci dopo il processo di autodeterminazione dei pompelmi rosa, e poi, chiedo numi su come cucinare al meglio il Padugno alla “Von Ribbentrop” senza che mi salti in aria il forno, e soprattutto La Boleana Di Mongivedro alla “Buscetta” senza dovermi costituire. Seguo una musica celestiale fino all' Area Concerti, dove, un quartetto d'archi e clavicembalo suona brani di Bach, Pergolesi, e Arcangelo Corelli con dei salami ungheresi al posto degli archetti, e spartiti (originali) su fogli di culatello del 700. A fine serata Sorseggio uno Scuro di Valsodda del 1998 allo stand dei vini, e siccome una bottiglia costa come una maserati mi convinco (devo) che nel profumo vi siano echi di cannella, eco della Val Brembana, mosto di Venuglia e olio per motori diesel, per non parlare del retrogusto di prugne della val Gomena, vaniglia di sauri, alluci di Monte Rubbiaglio e Crusaglie affumicate di Soverano, Terra di Siena e Dado Knorr, ma soprattutto una voce dal fondo della bottiglia dice che mi ama, vuole sposarmi e che non ha mai finto un orgasmo. Alla sera, trovo ben investiti i 300 € spesi da “Petit Patat “ per ingozzarmi con i piatti di Jean Loius Flou, chef francese noto per la generosità delle sue porzioni, che serve direttamente in un vetrino da microscopio. Digerisco e saluto gli amici dello stand indiano coordinato dallo chef Baamshi Bado, che ha vinto il premio della critica grazie alla catena di economicissimi fast food “Da Gandhi piatti vuoti a portar via”.

Epilogo:
al mio ritorno la quaglia ancora non si è guarnita, e in compenso mi ringrazia per avergli fatto riacquistare un po di autostima e una nuova consapevolezza di se e mi parla dell'Io diviso e della seconda topica. Mi comunica che rinuncerà a rifarsi i bargigli perchè ora si accetta per come è, e poi, salutandomi, vola verso nord dove si unirà ad uno stormo di germani reali surgelati.

noi non siamo quel che crediamo di essere, ma quello che mangiamo, o al peggio come ci siamo cucinati”

Roy Hobbs, 1994.