giovedì, dicembre 23, 2010

delitti imperfetti (3)


"Un post molto volgare, non per sua colpa, però"

1 (teste di pesce)

e no, i chiodi di garofano, no, cazzo, non nei pomodori col riso. Una volta qualcuno mi ha raccontato che ai polli da allevamento tengono la luce accesa per obbligarli a mangiare. Mangiano fino a che gli scoppia il fegato mamma e finscono su qualche tavola, per natale magari. Quelle belle tavole imbandite sai, tovaglia rossa, magari decorata, qualche ricamino, come la tua. E’ bello questo tuo darti da fare, i frizzi e i lazzi, le tendine, anche quel tappetino osceno che hai messo al bagno. Dodici portate mamma, cazzo. Come il pollo da allevamento. Lo sai perché hanno gli occhi di lato i polli mamma? Per guardare la vita di profilo, come me e te. Anche i pesci hanno gli occhi di lato mammina cara, le teste di pesce, queste cazzo di teste di pesce che mi devo ingoiare ogni santo natale. Mi fanno vomitare le teste di pesce, e pure i chiodi di garofano, mi ricordano il dentista. Ti scopavi pure il dentista mamma, "come lo pagavo il tuo apparecchio, tesoro mio? però guarda che bei denti dritti che hai adesso" La luce è accesa, poi c'è l'intermittenza dell'albero, ingoio, ingoio, ingoio tutto. Ingoio la gondola sul tuo televisore, la carta da zucchero per quel presepe di merda con la neve d'ovatta, la cenere sul tuo scialle, e tintinna pure il mestolo nel piscio del tuo brodo star, continua. C'è una giustizia divina nella spina di pesce che si incaglia in mezzo alla tua lirica ugola, sei paonazza e sento il tuo Cimarosa affogare nella saliva. sento le lezioni di canto, i tuoi gridolini da scrofa mentre ti scopi anche il direttore del coro dietro la porta chiusa, tutto li, nel tuo gozzo da mezzo soprano mentre rovesci gli occhi all'indietro in un rantolo da operetta. Ora, apro il tuo regalo se vuoi, mentre caschi con la faccia nel piatto di fango e lische, visibilmente morta, come scriveranno nel tuo referto, mamma. Le teste di pesce mi guardano, scarto.

2 (piccola farò di te una stella)

‘Spetta bimba, ferma ferma, come sarebbe a dire che è finita? E l'amore, e tutto il resto? No dico, dove ti credi di andare? Cristo santo bimba non puoi farmi questo ora, quest’anno avevo in mente un numero pazzesco con un nano e tu vestita da babbo natale con il culo di fuori e una renna di pelouche. Roba forte bimba, da spellarsi le mani, non puoi farlo, ti ho inventato io te lo ricordi o no? Io ti ho scoperta in quel bar di merda, io ti lasciavo mance da venti dollari per un caffè fatto con il piscio di mulo e i semi di zucca. Io ho visto qualcosa in te bimba, in te e nelle tue poppe quando nessuno era disposto a darti un penny, hai capito? Iio. ‘Spetta bimba, frena, e tutto quello che abbiamo creato insieme? Il copricapezzolo rotante al Club Halambra, ecco, Te lo ricordi? Veniva giù il teatro quando facevi roteare le poppe in due direzioni opposte, e chi lo ha inventato quel numero eh? Tu? Tu? Col cazzo. Certo bimba, sbatterti i produttori di mezza Broadway è stata una cosa dura, lo capisco, ma credi che per me sia stato facile? Aspettarti tutte quelle notti in piedi? Ma ho ingoiato tutto, per noi, per il nosto futuro. E tutte quelle serate al Mogambo chi cazzo te le faceva fare, eh? Me lo dici? E i produttori chi te li presentava? Tutti quei sogni e i nostri progetti dove cazzo sono finiti? Certo capisco che accoppiarsi con un pitone davanti a 30 persone non sia il massimo, ma credi che per me sia stato facile rubarlo al rettilario di Marshall Street? Io ti ho dato un futuro bellezza, quindi col cazzo che tu adesso mi dici che è finita. E non guardarmi con quegli occhi adesso, la faccia non te l’ho mica rovinata bimba. Con il nano è andata peggio, convincerlo a spararsi sai… ma sembrerà comunque un suicidio. Il nano e la ballerina, un classico. Adesso il problema sarà togliermi questo sangue del cazzo dai vestiti.

3 (la lettera)

Cao Babo Natae, pe natae voei una fidansata e il costume dei spais renger, e poi vorei vorei una pistoa pè spaa a tuti i cativi e a tuti quei come gigeto che me ruba a meenda tuti i gioni a squola che me dice semo, pecchè semo? veamente gigeto ameenda non me a pende piu. a pistoa de papa ce lavevo in sacocia cao gigeto, se non me cansonavi io non te spaavo, veo gigeto? Peò vojo una pistoa tuta mia, si. Peò, caro babo natae sopatuto Voei non andae in pigione.

lunedì, dicembre 13, 2010

anima salvia


Norman Wyatt Jr.

Amorino mio bello all'aceto balsamico, in punta di labbra, senza un attimo di scalogno, piena di buon senso tutta marinata t'ho aspettato e sei tonnata a mantecare il mio amore, petto di parannanza, sogliola di paranza, amore di limone, cuore di tabasco, sesso di cioccolata, scolata, leccata, anima insugata, memoria di mollica, della nostra complicità faccio una scarpetta, stupore di pan grattato, risa di pomodoro, ti adoro ti odoro, mi lecco le dita e aspetto che acciuga, sei bella da fare indivia, così, alla diavola, aperta al tuo mascarpone, cosce di faraona, chiappe di nutella sei bella culo di padella, ballo una coratella oh crema, la mano trema, margarina di campo, senza gambo, non ho più scampo, o mia alice, meretrice, friggitrice, mi vuoi guardare, rotolare impanare, sentirmi gridare e rosolare, piove stracchino sono il tuo rosmarino, saliva di vino, anima prediletta, polpetta, naso da tartufo, a scaglie avvisaglie, avanzo pingue tuo lardo giovine, pancia di colonnata. Sbavo e scavo nel pecorino la mia fossa, un aringa commossa, e tu, recita in ginocchio un omelette per la mia anima salvia, in questa bara di baguette, perché son crepes.

una volta al mese, Camilla, sbrina il frigo, e mi invita a cena. Che buttare gli avanzi è peccato, si vabbè, ma io che c'entro?”