mercoledì, aprile 13, 2011

king kong



"Gli aeroplani c'è l'hanno fatta!" " Non sono stati gli aeroplani, è la bella che ha ucciso la bestia." i finali di certi film sono come i vecchi amici, li trovi sempre li anche dopo una vita che non li vedi. Anche se Tozzi in fondo sperava sempre che il film finisse in modo diverso. Il bianco e nero permette qualche ambiguità, nel grigio si scioglie quello che altrove sembra così netto. Ma probabilmente la febbre non lo aveva aiutato nemmeno stavolta a tenersi lontano dalle domande sbagliate, come ad esempio perché un gorilla di quindici metri dovrebbe sacrificarsi per una bionda svampita. Era la terza aspirina in poche ore. "perché cazzo non ho fatto il vaccino?" questa invece, era la seconda.

"Alla terza vai giù, non alla quarta né alla seconda, alla terza. nun fa come l'artra vorta, o non te la cavi co' du' dita rotte...hai capito che ho detto Rocco? quante so' queste?" erano tre. Poco sotto il naso. Rocco Proietti detto Carnera guardava le dita di Gino Stura detto "Er persiana" le vedeva un poco sfocate, ma era sicuro che fossero tre, anche perché le altre due gliele aveva staccate Ciro Sarnataro quando stava ancora nel giro delle sigarette. Che er Persiana ci aveva il vizio del fumo un poco pronunciato, diciamo. Qualcuno gli fasciava la mano destra, mentre nella sinistra avevano già infilato il guantone. Proietti non ci sentiva bene da un orecchio, durante un match nel '73 gli aveva sfondato il timpano Mario Proceno detto "pendolino" per via del gancio sinistro che quando era arrivato al binario morto, di solito, era troppo tardi. infatti. Per andare giù lo pagavano bene, si era comprato due stanze e un bagno al Mandrione, e pure un cane, pensa.

38 e mezzo. De simone lo aveva chiamato che aveva appena preso sonno e sognava cavalli a dondolo in mezzo ai brividi. “che cazzo succede mo’?” Succede che Rocco Proietti detto “Carnera”, un metro e novantotto per 122 chili stava sul tetto della discoteca “Il cardellino rosso” con una prostituta moldava di 22 anni, gridando come un pazzo. Al primo piano, negli uffici avevano trovato Gino Stura detto “Persiana” con le braccia spezzate all’indietro e il collo torto a 360 gradi e due buttafuori incastrati con le teste nelle tazze del cesso. Il boss Luca Orsini, detto “Il Conte” invece, aveva lo sterno sfondato. Il Cardellino Rosso era da anni la bella facciata per traffici di droga, prostituzione e riciclaggio di denaro sporco, almeno fino a quella sera. Camilla entrò con un piatto di brodo tra le mani, Tozzi bestemmiò e si sfilò il pigiama.

"E basta Persià, che me lo deconcentri, Rocco sa quello che deve fare, vero Rò?..." il Ganascino sulla guancia sarebbe stato niente, ma la puzza di sigaro no, quella faceva venire il vomito. "Il Conte" portava un cappotto grigio sulle spalle con una volpe morta intorno al collo. Li erano tutti morti in verità, solo che ancora non lo sapevano. "A Rocco, te piace questa?, stasera abbiamo gli extra, fai un bel lavoretto e te la porti a casa..." La bionda aveva gli occhi senza domande, e le braccia viola. il cerone non le avrebbe mai coperte abbastanza.

Con le mani nel secchio del ghiaccio, cercava di ricordare come fosse l'odore del pane. Non ci riuscì. Aveva il corpo sporco di vasellina, e saliva, e il paradenti era rimasto sul ring. Aveva pisciato sangue, meno del solito comunque. Poi, si era cacciato 5 aspirine in bocca. "Bravo Rocco questi so' pe' te, so' cinque, te fidi no?..." Rocco aveva fatto di si con la testa, poi aveva preso Anna per mano ed era uscito dallo spogliatoio.

Dopo gli incontri non gli si rizzava mai. anzi, ora che ci pensava, non gli si rizzava da un pezzo. Anna lo aveva carezzato piano sui segni rossi nei fianchi, e gli aveva baciato le ferite sugli zigomi e intorno agli occhi. La bocca era piena di punti. Lo tenne stretto, lui le chiese scusa, e si addormentò.

Avrebbe cercato di metterla sul diretto per Firenze delle 07:23. Suo fratello aveva un Bar a Scandicci, l’avrebbe assunta come barista, e non aveva fatto nessuna opposizione. “Rocco, questa farà dei caffè di merda, come faccio ?così me se svuota il bar, eccheccazzo, no no, levatelo dalla capoccia…” “Marcè, tu fai già dei caffè di merda, nessuno si accorgerà della differenza. Senza contà che se nun m’aiuti io te spacco er culo. Mamma come sta?” “E’ morta du’ anni fa…” “Meglio Marcè, così se te scanno, nessuno me fa’ venì i sensi de colpa, se chiamano così?...” “ A che ora arriva?” “10:24…” click.

Che poi, sul treno non ci salì mai, non quel giorno comunque. Era sceso al bar Giraldi a prenderle dei cornetti caldi e un cappuccino. Mentre aspettava in mezzo al vapore della gaggia, un tipo storto con un pacchetto di sigarette cacciato nella manica della maglietta si accoppiavia con un flipper. Il record diceva “1.000.000”, proprio in mezzo al petto di un gorilla che batteva i pugni. “...li mortacci tua, novecentonovantanovemilaennovecento. Famme ‘n caffè va..” salì le scale fischiettando qualcosa, aprì la porta con un avambraccio e le chiavi in bocca, Anna non c’era più, però.

Con il “Persiana” fu facile. Gli aveva preso il bavero del cappotto e lui, con l’alito marcio aveva urlato qualcosa dal basso. Lui aveva afferrato i polsi, e glia aveva spezzato le braccia all’indietro. Lo guardò rotolarsi sul pavimento come un capitone nel secchio, bestemmiava, poi vomitò. Il dolore fa di questi scherzi. Prese il collo con le mani, e girò di scatto. Aveva fatto lo stesso rumore delle cassette marce ai mercati generali.

Il “Conte” era a letto con due zoccole. Russava con la bocca aperta. Si mise a sedere su una sedia e li fissò per un po’. La rossa al suo fianco aveva ancora il suo uccello morto in mano e farina sotto il naso. Si attaccò alla bottiglia di spumante sul comodino e fece un colpo di tosse. “Rocco, ma che cazz…” “Dov’è?” “Rocco, Rocco… ma che cazzo fai, tei piji la robba mia? Che fai, te metti a fa’ er benefattore? Te sei innamorato? Te sei intenerito Rocco? Solo perché t’ha fatto l’occhi dorci e un pompino stanotte, ma che nun ce lo sai che mignotta un giorno mignotta per sempre…?” Il conte, a differenza del buttafuori non aveva pianto, e forse non aveva sentito troppo dolore. Alla zoccola coi capelli neri non aveva badato invece, ed era stato un errore. Quella aveva addosso solo una forcina d’osso, ben nascosta nella crocchia lucida. Gliela aveva infilata nel fianco e lui era ricaduto sulla sedia con una bestemmia. Strinse la cinta del cappotto, mentre il fiotto rosso tra le costole cambiava forma e colore. Lei lo aveva guardato piangendo, e fu anche l’ultima cosa che vide.

Ne aveva ammazzati sei, forse sette, contò sulla punta delle dita. Uscì dalla stanza e salì al piano superiore. Anna era in una camera con altre quattro. Le tolse i lacci ai polsi e le mise il cappotto sulle spalle. Qualcuno doveva aver sentito le grida, il palazzo era circondato dalle volanti. Sembrava uno di quei film stronzi che andava a vedere alla seconda visione del cinema Due Allori, con le luci il poliziotto con il megafono e tutto il resto.

Commissà, ha chiuso la porta del terrazzo da dentro, strilla come 'n matto, c’ha ‘na donna come ostaggio, una prostituta pare, dentro invece so’ tutti morti. Ha fatto fori “Il Conte” e mezza banda del Cardellino.De simone, tieni mi la pistola, fai la cazzo di cortesia, io entro

Carnera era appoggiato al cassone dell’acqua, dietro una fila di lenzuola a pois e perdeva sangue. Tozzi aveva alzato le mani vuote, e aveva detto “Proietti, non fare altre cazzate, lascia andare la ragazza” “Se lo lascio andare lo ammazzano…” aveva detto lei. Carnera aveva cercato inutilmente di allontanarla con una mano. Che gran finale, aveva guardato dentro la camicia e aveva capito che era finita così, sul tetto del Cardellino Rosso, con le sirene, le ambulanze, e c’era pure il bravo poliziotto armato solo di buoni propositi. Era tutto li sotto, in mezzo alle luci alle tv, alle voci. “…Ner ‘67 me so’ venduto er titolo europeo… ma lo menavo co’ ‘na mano sola a quel francese de mmerda, se solo volevo.... sei milioni m’hanno dato. Me ce so comprato casa...io In galera nun ce torno… non è che c’hai da accende no? peccato... nun ho manco dato da magnà ar cane, penserà che l’ho abbandonato, pora bestia…” Tozzi aveva visto il lampo partire dalla finestra del palazzo di fronte, un piccolo tonfo azzurro. Quando si era voltato, Carnera non c’era più. Era rimasto solo un poco di vento, tra le lenzuola a pois.

Mentre un tizio di Teleroma 56 cercava di cacciargli il microfono in gola, De simone gli andava incontro coprendolo con un impermeabile “Commissà, Il tiratore scelto ha fatto un bel lavoro, però pure lei, ad andare in giro senza pistola…” “De Simone, ma che cazzo dici?... È stata la bella che ha ucciso la bestia… ce l’hai un aspirina De Simò?”

Epilogo: Tozzi aveva aperto la porta del piccolo appartamento a Via del Mandrione. Gli era venuto incontro scodinzolando, lo aveva accarezzato sulla testa, sul collare c’era scritto “King Kong” gli mise il guinzaglio “andiamo a pisciare bello?..” e uscirono.


"Gli aeroplani c'è l'hanno fatta!" " Non sono stati gli aeroplani, è la bella che ha ucciso la bestia." (king Kong, 1933)