venerdì, febbraio 24, 2012

ego[ist]


Jack Vettriano


Interno Giorno:

Un appartamento, Roma. Francesca si alza dal letto e si muove verso la cucina [in sottofondo parte un brano di Miles Davis] la camera inquadra i suoi piedi sul parquet, fino alla cucina. Accende la macchinetta del caffè, e la prima sigaretta della giornata. Trova un biglietto sotto un sasso a forma di cuore che usa come fermacarte. Le luci si abbassano, la camera stringe sul biglietto ,la musica sfuma e una voce fuori campo recita:

"...No, aspetta, aspetta, aspetta, fammi spiegare, che poi l'idea della cena è stata tua. Si, la fantastica trovata della cena a tre, io te e il tuo ego, ricordi? Io non ero nemmeno d'accordo, ma te no, te hai cominciato con la storia del condividere le amicizie, le esperienze comuni, che in un rapporto la conoscenza dell'altro è il carburante per l'eternità e bla bla bla. E alla fine, dietro al menù, tu, mangi e basta, non spiccichi una parola e parla sempre lui. Tu fissi il bicchiere vuoto e lui mi fa piedino sotto al tavolo, lui ordina per tutti e tre, persino. E alla fine della serata, non contenta, tu hai preso un taxi, e lui si è fatto riaccompagnare a casa invece. E poi lo sai come sono 'ste cose...Miles Davis, il vino, le rose e lui. Capisci ora? Ecco spiegato l'imbarazzo di stamattina nel trovarti al suo posto nel letto, semplicemente sul momento non ti avevo riconosciuta..."

martedì, febbraio 07, 2012

s[t]onatina


Francesca Woodman

Ho un amore distratto, con lo sguardo come una quinta da teatro. Un amore che sputa sulle mie vocali rotonde come prese di fiato, chiuse tra le costole, e che non si sappia in giro, mi suggerisce. Ho un amore che scalcia nel vento più per paura che per noia, che toglie il fiato per dispetto, e il cibo per compagnia, ho un amore che parte nel vapore delle stazioni, e uno che torna, come le buste al mittente. Ho un amore che ruba nelle mie tasche, che piega le ginocchia sotto al velluto, che cigola come i relitti, uno che non riconosco, dietro un taglio nero di capelli che scopre gli occhi obliqui di un mondo sghembo, dove cammino sempre in salita più per desiderio che per sfida. Ho un amore sottosopra, con i cassetti pieni di vento e calzini spaiati buoni per ogni mio passo falso, uno senza le briglie e che non si doma nell'acqua, uno che si prende i respiri per egoismo, e per vedermi rosso in mezzo alla sabbia delle pareti. Ho un amore che stringe le gambe intorno ai miei fianchi, che scioglie l'inguine in una risata bianca, uno che mi rincorre in punto di morte, uno che piange a crepapelle, uno che ride a dirotto. Ho un amore per sempre che dura uno sguardo, uno che ti segue come le ombre lunghe del pomeriggio, appeso ai tacchi delle tue scarpe come un inciampo qualunque, uno che balla un passo facile con una tuo vestito vuoto, uno armato d'impazienza che ruba il sonno. Ho un amore come un brivido tra le scapole, ali con cui non ti raggiungo mai, uno che ti aspetta alzato con le unghie nei pugni. Ho un amore come una porta socchiusa dietro i singhiozzi degli altri, uno come una preghiera, uno come una lametta sotto la lingua, uno che aspetta il suo turno con un nodo fatto male alla gola. Ho un amore solo, amore, nascosto dietro una scusa scalza come una stecca nel finale. Un amore che dovrei spiegarti, ma non sei vela, ecco.