giovedì, luglio 19, 2012

vinavil
















Quella mattina aspettavamo la libertà. Mio papà mi fece mettere le scarpe nuove per l'occasione, e l'attesa fu un lungo silenzio. Arrivò un tizio della folletto mentre eravamo a pranzo, invece. Mio padre si era alzato di scatto mentre mangiava dei tagliolini al burro un poco scotti, ed era andato ad aprire con l'emozione nel nodo della cravatta. Quando tornò al tavolo aveva la testa bassa, e fissava i tagliolini incollati alla forchetta con il vinavil. Poi, disse sottovoce "Da domani, almeno, non saremo più schiavi della polvere".

lunedì, luglio 16, 2012

nowhereland hotel

















Edward Hopper

La marea si era mangiata tutta la spiaggia, La scala per l'approdo delle piccole barche era scomparsa, le sdraio e gli ombrelloni bianchi e blu galleggiavano in poche pozze di schiuma poco oltre il cordone della spiaggia privata. Era cambiato tutto, in una manciata di ore, adesso, era completamente un'altro posto.

L'aveva trovata li, guardava verso l'albergo, persa chissà dove, senza una bussola. Diceva che aspettava il figlio, che gli voleva bene, ma che lui faceva sempre così. "Si dimenticano di noi, i figli. Sono fatti così. La gioventù è un luogo che divora tutto, in fretta. Come questa marea. Lei ha figli?" non ne aveva, e non poteva averne. 

"Venga, prendiamoci qualcosa di caldo, lo troveremo suo figlio" l'aveva fatta accomodare in un piccolo tavolo che dalla vetrata dell'albergo guardava verso la costa. Poi aveva ordinato del caffè d'orzo e una fetta di torta di mele. La cameriera aveva sorriso appena, frusciando nella divisa blu. "adoro, il caffè d'orzo con la torta di mele" disse. 

Aveva avuto l'istinto di sistemarle i capelli, tenuti da una spilla a forma di salamandra. Ma si trattenne, girando ancora un poco il cucchiaino nella tazzina del caffè. Lei guardava fuori, aspettando. Non aveva ancora toccato il caffè d'orzo, e si torturava le mani macchiate dal tempo, stringendo una piccola scatola incisa di osso bianco. "è una bella scatola, posso?" gliela aveva lasciata prendere senza opporre resistenza. "ci tengo le mie pillole, se non prendo le mie pillole mi succede qualcosa che non ricordo, qualcosa di orribile

Aveva preso dalla scatola l'unica pillola rimasta. Sembrava una di quelle caramelle alla frutta che vendono nelle farmacie. "Crede che dovrebbe prendere questa? Ne è rimasta una..." lo aveva guardato increspata da una domanda, poi la ingoiò con un piccolo sorso. "Mio figlio, mio figlio dov'è?" Arriverà a momenti signora, ne sono certo, beva con calma il suo caffè, ora"

In bagno si lavò le mani e si bagnò un poco i capelli prima di pettinarli. Dalla piccola porta a vetri la vedeva mangiare piccoli pezzi di torta di mele che spezzava con le mani, guardando fuori, in attesa. Si asciugò ed uscì aggiustandosi la camicia nei pantaloni. Lei si pulì alcune briciole dalla camicia e poi voltandosi gli sorrise come non aveva fatto mai, quella mattina "eccoti, ma dove sei stato?..." "ero qui, mi stavo lavando le mani, mamma" e le sistemò i capelli con una carezza. 

La vecchiaia è un luogo che divora tutto, in fretta. Come certe maree.


giovedì, luglio 12, 2012

non guardarmi


























Jenny saville

 "Non guardarmi, non così"  poi, lo aveva chiuso insieme al buio in una scatola con dei buchi sul coperchio. Si era ricordato così, di quella volta. Del passero e di suo fratello Paolo, e che in mezzo ai respiri delle ciacle ne aveva trovato uno caduto dal nido. Lo gurdava da dietro un sasso con due punte di spillo per occhi. "Lo portiamo a casa?" Paolo aveva riso, gli aveva carezzato la testa con la punta di un dito, e po, lo aveva stretto nel pugno fino a farlo morire.
Ha un ricciolo di ovatta poco sopra la fronte, e mi viene di poggiarci la mano, posando prima il coltello sul piano di marmo. Ho sperato che abbassasse lo sguardo, niente. Eppure, un attimo fa, sono sicuro di averlo sentito belare. Il fatto è che tutto quello che resta negli occhi di chi se ne va, l'ultimo istante, è una mattanza. Mi sposto un poco, guardo la vernice rossa colargli sulla fronte, sul naso. Mi metto una mano davanti alla bocca. Buona pasqua.
Avevano cercato Paolo tutta la notte, con delle torce. C'erano i carabinieri, e anche i vigili del fuoco. Ne aveva parlato anche la radio. A casa aveva detto che erano scivolati in un dirupo cercando un tesoro. E che lui aveva battuto la testa. Ma non riusciva a ricordarsi dove.
Portare una bestia sulle spalle, è come caricarsi un morto. Quell'odore non va più via, è scritto nelle facce degli altri ad ogni saluto, nelle docce con cui mi graffio di dosso qualcosa che non si vede. Si sente, però. Ecco, è così: portare una bestia dentro, è come Portare un morto sulle spalle, adesso fila il discorso. "Tu non guardarmi ti ho detto. Non così"  
Il sasso cade a terra, e poi rotola. E si accorse che tra le gambe era successo qualcosa. Poi aveva visto Paolo scivolare in ginocchio, aveva fatto uno strano verso con la gola e lo aveva fissato a lungo , ma senza domande. "Non mi guardare, non così" e poi ,Paolo, era rimasto arruffato vicino al passero. Lo aveva trascinato fino al ciglio del dirupo, e lo aveva spinto giù. Le cose morte pesano troppo.Troppo per meritarsi di vivere. "Nessuno vola di mercoledì" si disse un attimo prima di scappare verso casa, con il fardello di piume nel palmo della mano.
La nausea è fango scuro. Mi piego in due poggiando le mani alla ceramica bianca del cesso. Guardo colare il petrolio in mezzo alle gambe, mi sporco le scarpe. La lampadina del bagno dondola, due righe di sale sulla faccia, il neon danza come sa, la signora Quattrocchi da dietro il bancone chiede con un grammofono se c'è nessuno, e nessuno risponde. La signora Quattrocchi, fissa non ricambiata lo spezzatino di ieri. Io vomito ancora. La signora quattrocchi se ne va. "Non guardarmi, non così" ti volto verso il muro e mi tolgo il camice. Giro il cartello sulla porta a vetri. Torno Subito.