mercoledì, gennaio 30, 2013

[fard]














Lo specchio, era macchiato di rame verde e mercurio. A Greta, per arrivarci, servivano due libri di figure uno sopra l'altro possibilmente mai letti o sbattere le braccia. Dopo contava le lentiggini con la punta di un dito, arrivando anche fino a cento. Un mercoledì, la donna che l'accompagnava a scuola tenendola per mano e che con qualche perplessità avrebbe dovuto chiamare mamma, le disse che era una gran fortuna non arrivarci allo specchio e che il giorno in cui era accaduto a lei, non aveva più visto quello che era, ma quello che era diventata e che le due cose non coincidono quasi mai. A meno che non si sia diventate pazze, oppure cieche. Da grande voglio fare la pazza [si disse] e poi soffiò via le lentiggini dalle sue guance, con uno sbuffo di noia.

giovedì, gennaio 24, 2013

[posto 16]









"Questo è il mio posto" lo dice distrattamente, guardando un tizio di Potenza che puzza di olio di fegato di merluzzo e russa con un giornale sulla faccia. Dietro al vetro scorre il rullo del pomeriggio, che si porta appresso alberi, case, passaggi a livello. Un ragazzino oltre il vetro opaco, continua a salutare greggi di pecore indistinti, sfocati, ma dice che porta bene, dice. Sua madre dorme con gli occhiali sul naso, le si vedono le mutande, e lei lo sa bene. Insomma il mio posto, il posto 16 vicino al finestrino è di un tizio grasso come un capodoglio e con la cravatta stretta. Mi mostra il biglietto, tra le dita rosa e senza peluria. Stesso posto, stesso giorno, un errore del computer, penso. La mamma finge di svegliarsi e si abbassa la gonna. C'è un senso per ogni cosa, anche per un posto sbagliato "Prego" mi alzo, e cedo il mio momento giusto.

sabato, gennaio 12, 2013

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Immagine di Jack Vettriano

Te lo direi adesso con la voce che sai, sostenendo uno sguardo lungo come un giorno stanco, scivolati appena in un affanno bianco. E c'è troppa luce, e la tua nuca è un inganno così ben riuscito da non dirtelo adesso, e aspetto. Se solo volessi, tu, con una benedizione sotto la lingua, prego, ma non c'è redenzione o perdono nelle mie ginocchia, è solo quello che succede a chi fa numeri d'arte varia senza vergogna. E tu lo sai, così condannata alla bellezza e alla paura, che puoi decidere, se vuoi. Te lo dico adesso con la voce che sai. Resta.

lunedì, gennaio 07, 2013

[voci]

















Erano tutti li, poco oltre le bottiglie dell'acqua minerale e del vino vuote per metà. Un mormorio distratto in mezzo agli avanzi. Famiglie, pensava, persone unite nel bene e nel male con il proprio vissuto, complicità, piccoli sguardi di cui non avrebbe mai potuto sapere o far parte. Guardava. Guardava lei, che aveva accostato le labbra all'orecchio, e lui, che era venuto appena avanti con il busto come per ascoltare un segreto e aveva sorriso con il naso tra i suoi capelli, un attimo dopo. Qualcuno scartava dei pacchetti con occhi golosi, allora vedeva ritagli di futuro in mezzo alle carte da regalo strappate con sete. Mentre giocava con una bustina di zucchero, ebbe netta la sensazione del caffè amaro e della differenza tra sentirsi solo ed esserlo. Poi si ricordò della sua voce, e gli venne voglia di telefonare. Vado a lavarmi le mani, disse.