lunedì, settembre 23, 2013

[foto 34 / domenica]

























Le cose che mi dicevi, amore, non le ricordo più. Però mentre le dicevi sorridevi. Allora mi racconto che dovevano essere cose belle. Ti ricordo sempre con lo stesso vestito e anche per questo [la memoria] è un vizio che mi permetto sempre meno, trasforma la gente reale in personaggi. Certi giorni non c'è il sole, eppure La fatica delle sfumature cede il passo alle luci nette. La musica delle tue parole, ai suoni indistinti. A volte non ti riconosco, allora ti saluto per cortesia, per non vedere quello sguardo, la delusione dolorosa di chi capisce che per l'altro non sei nemmeno un ricordo. Rispondo di si o di no, seguendo la curva delle tue labbra o la scia da ghepardo delle tue lacrime sulle guance, la buona sorte fa il resto. Col tempo Impari ad interpretare gli aneddoti, a simulare i ricordi,ad accompagnare il passato all'uscita. Vorrei solo che sapessi che non è colpa mia, che succede non appena mi volto. E però quando vieni, so che è domenica, almeno.

12 Comments:

Blogger amanda said...

che magone

7:45 AM  
Blogger albafucens said...

bello, mi piace molto questo post, con le parole ne tratteggi il volto, dai vita alle immagini.

c'è una frase che dice:
"E mi chiesi se un ricordo sia qualcosa che hai o qualcosa che hai perduto." (Woody Allen)

I ricordi affiorano sempre quando meno te lo aspetti e la patina del tempo, scorrendo, fa sì che a volte rimangono come congelati, altre, invece, li filtra un po' o arricchisce di sfumature, a volte sai, credo siano i ricordi a voler ricordare noi, non essere dimenticati, forse per ricordarci chi siamo stati, e ciò che siamo oggi, in virtù proprio di quello che è il nostro vissuto.

Cosa strana i ricordi, a volte basta un odore, sapore, paesaggio per ravvivarli, perchè i ricordi li senti un po' con tutto, anche la pelle ricorda, ha una sua memoria, con il tempo, poi, è vero, impari forse a meglio decifrarli, simularli, li prendi per mano e accompagni, c'è da dire però che i ricordi sono un po' birichini, e a volte, ritrovano la strada, ma forse, chissà... è un bene, in fondo sono la nostra memoria storia, ci appartengono.

8:14 AM  
Blogger amanda said...

@albafucens: ecco allora a chi appartiene la storia di coloro che non hanno più memoria?

9:58 AM  
Blogger albafucens said...

ero tornata per lasciare qeusta frase, forse, per quanto riguarda la memoria...
"Dobbiamo capire la differenza, la differenza che passa tra le memorie e il ricordo: la memoria del tempo, il ricordo di un giorno." (Gabriella ferri)

e della serie speriamo che me la cavo, provo a rispondere altresì ad

amanda :)
mi poni una domanda non facile, in tutta sincerità, con certezza non lo so, posso solo ipotizzare...

credo appartenga comunque a chi l'ha vissuta [altresì sopravvive in chi l'ha condivisa], potrei rispondere che anche laddove la memoria sembra tradirci, averci lasciati, abbandonati, ne esiste un'altra "forse" ancora più profonda, viscerale, quella tissutale, che si annida sotto la pelle, che sedimenta, si cela... nasconde, in chissà quali meandri, e che a volte, senza che lo vogliamo, capire, ci suscita, fa affiorare sensazioni (s)conosciute, che rivivono così comunque, se non nella memoria, le senti, percepisci come un qualcosa che ti sembra di conoscere...

ma non so se si capisce cosa voglio dire, è così sono andata a cercare una frase che ho letto una volta, che forse rende un po' meglio l'idea

"Esiste il contrario di déja vu. Lo chiamano jamais vu. È quando incontri le stesse persone o visiti gli stessi posti in continuazione, ma ogni volta è come fosse la prima. Tutti sono sconosciuti, sempre. Niente risulta mai familiare." (Chuck Palahniuk)

11:48 AM  
Blogger amanda said...

La mia mentore all'università, donna colta, mente viva, studiosa senza posa, curiosa della vita e del mondo, generosa e disponibile, si è spenta letteralmente in 3 anni di alzheimer, quando è morta aveva 55 anni, in quei tre anni di lei, di ciò che era stata, non è rimasto nulla, e non se n'era andata solo la familiarità per le persone e per le cose, se ne era andata la sua essenza, il gusto per le novità e per la storia, il mondo; se ne era andata la sua indole ed era diventata una persona a tratti violenta; la sua generosità e prima che la demenza la divorasse completamente era perfino attaccata al denaro, cosa che non era mai stata in tutta la sua vita. E' stato un dolore immenso perderla prima di averla persa e vedere il suo corpo trasformarsiin quello di una anziana, senza vitalità. Certo ciò che è stata mi appartiene, lo porto sempre con me, ma starle vicino in quei tre anni è stato un calvario

3:35 PM  
Blogger albafucens said...

amanda
immaginavo tu ti riferissi alla malattia, e con quel (laddove la memoria sembra tradirci, averci lasciati, abbandonati)contemplavo anche quel'opportunità

e concordo con quanto dici, ci sono malattie che cancellano tutto ciò che siamo... e siamo stati, ed è doloroso per chi invece ricorda, assistere a questo annientamento, ruberia, furto, sottrazione, ruberia che la vita ci fa...

voglio però illudermi, sperare, che laddove la nostra memoria ci viene sottratta, non venga completamente cancellata, resettata, ma forse solo come offuscata, che vada a rintanarsi, nascondersi chissà in quali meandri, "forse" perché ricordare e poi non riconoscersi più, in questi casi, sarebbe un'ulteriroe sofferenza, forse, dimenticare in questi casi, è un meccanismo di autodifesa, non so...

bello qaundo il blog diventa, si trasforma in un piccolo salotto, dover potersi confrontare, scambiarsi esperienze di vita ed emozioni

grazie ad entrambi
ad hobbs per lo splendido post
e a te amanda per il tuo prezioso apporto

8:53 AM  
Anonymous Anonimo said...

...e la vita diventa una torre di Babele: quella bellissima lingua di parole, gesti, ricordi, profumi, smorfie e tutto cio' che si puo' condividere si perde.
Lentamente non e' piu' universale.
Ognuno parla la propria e non si capacita che altri non la capiscano.
Che paura ritrovarsi soli...

12:34 AM  
Blogger albafucens said...

Anonimo
La torre di babele, è un bel commento, dav(vero)... autentico, quante volte nella vita pur parlando la stessa lingua (figuriamoci diverse) – anche se c’è il linguaggio del corpo, che va ben oltre, e comunica di noi più di quanto diciamo - non riusciamo ad intenderci, trasmettere agli altri ciò che vorremmo, spesso per timore di renderci ridicoli, fragili, vulnerabili, e mi chiedo sempre più spesso, se non sia meglio correre il rischio di ferirsi, che non lasciare che le parole, eventi e così via rimangano invece come sospesi, incompiuti,perché, sì, è vero

"fa paura ritrovarsi soli, tanta paura", ma riflettevo e pensavo che in fondo, sono entrambe “solitudini”, sia il dire e correre il rischio di essere dis-attesi, che il celare, e forse tra le due, la prima, il dire, condividere, anche se è più rischioso, se non altro non ci lascia con degli interrogativi, altresì rimpianti

Ero passata in realtà, per lasciare un' altra cosa, ehm... impiastricciare ulteriormente il blog, pardon(poi ho letto il commento sopra)ma se tu scrivi e susciti oltre a stupore per come lo fai, anche riflessioni, e gli altri che commentano fanno altrettanto, io che ci posso fare... :)

ecco, volevo dire, aggiungere, che la tua capacità di pensare e scrivere per immagini, di saper guardare a ciò che ti circonda con un tocco sapiente di meraviglia, stupore, genuinità, riuscendo a raccontare e trasformare comunque in bellezza, momenti, storie di vita se vogliamo un po’ stropicciate, rendendole infine più lievi

mi ha fatto pensare a questo, letto un po' di tempo fa, e non so, ma penso che anche a costo di raccogliere poi pezzetti qua e là, forse non sia poi tanto male così...

"Tu non sei come gli altri, Dann, tu fai delle cose, e ne immagini ancora delle altre ed è come se non ti bastasse una vita sola per farcele stare tutte. Io non so... a me la vita sembrava già così difficile... sembrava già un'impresa viverla e basta. Ma tu... tu sembra che devi vincerla, la vita, come se fosse una sfida, sembra che devi stravincerla... una cosa del genere. Una roba strana. E' un po' come fare tante bocce di cristallo... e grandi... prima o poi te ne scoppia qualcuna, e a te chissà quante te ne sono scoppiate, e quante te ne scoppieranno... Però (...) quando la gente ti dirà che hai sbagliato, e avrai errori dappertutto dietro la schiena, fottitene. Ricordatene. Devi fottertene. Tutte le bocce di cristallo che avrai rotto erano solo vita,
non sono quelli gli errori, quella è vita, e la vita vera, magari, è proprio quella che si spacca,
quella vita su cento che alla fine si spacca, io questo l'ho capito, che il mondo è pieno di gente
che gira con in tasca le sue piccole biglie di vetro, le sue piccole tristi biglie infrangibili, e allora tu non smetterla mai di soffiare nelle tue sfere di cristallo, sono belle, a me è piaciuto guardarle,
per tutto il tempo che ti sono stato vicino, ci si vede dentro tanta di quella roba, è una cosa che ti mette l'allegria addosso, non smetterla mai, e se un giorno scoppieranno anche quelle sarà vita, a modo suo, meravigliosa vita." (Alessandro Baricco)


12:10 PM  
Anonymous Anonimo said...

Penso che la lingua che comprendiamo meglio sia quella del "condiviso": i sottintesi che si sono costruiti nel tempo, l'occhiata del "so cosa stai pensando", la risata complice del "lo sappiamo solo noi e ci ridiamo sempre sopra"... e' una lingua meravigliosa che ha parole diverse per ogni relazione: l'amica di sempre, il compagno di una vita, tuo figlio che magari nemmeno parla ancora, la mamma affettuosa, il papa' premuroso e impacciato...
Solo ilpassare del tempo consolida queste parole condivise.
Il tempo, e alcune malattie del tempo, se le portano via, svuotando la relazione del suo vocabolario: il marito allora e' lo sconosciuto che chiudi fuori casa, la figlia una inopportuna sconosciuta, tutti estranei e tu ...solo.
questo fa paura.
per quel che mi riguarda: io sono una di quelle persone che difficilmente si tiene in bocca qualcosa...

2:37 PM  
Blogger albafucens said...

concordo... nei rapporti, oltre l'affetto, l'amore, il rispetto, una delle cose che fanno maggiormente da collante è proprio la condivisione, altresì, la stima, la complicità, la capacità di af-fidarsi, poi il tempo a volte è vero "...svuota la relazione del suo vocabolario" - bello - si diventa estranei, e questo, sì fa paura

7:01 PM  
Blogger Mrs Quentin Tarantella said...

Bellezza...

(i tuoi post sono da sentire, in toto)

7:09 PM  
Anonymous Anonimo said...

Meraviglia

9:43 AM  

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